Le criticità della figura dell’assistente infermiere

Settembre 12, 2024|In Notizie, Sanità

Con l’approvazione lo scorso 8 agosto di due decreti ministeriali, uno dei quali getta le basi per la creazione dell’assistente infermiere, si apre un nuovo capitolo dell’assistenza, che pone obbligatoriamente l’interrogativo su cosa farà questa figura e quali saranno le ricadute nel sistema di assistenza alla persona.

L’annuncio dell’introduzione di tale figura, si inserisce in un contesto storico critico per la professione Infermieristica, dimostrata dalla crescente diminuzione dell’attrattività della professione, da una forte riduzione delle iscrizioni ai test d’ingresso dei corsi di laurea e alla fuga di Infermieri che decidono di andare all’estero o addirittura rinunciano all’esercizio della professione.

Esiste un problema evidente di carenza di interesse per la professione ma anziché affrontare questa profonda crisi con incentivi, reali valorizzazioni e strategie utili al reclutamento, si cercano scorciatoie pericolose, come appunto la figura dell’assistente infermiere, con l’intento di sopperire alla carenza con un’operazione che pare rappresentare un ritorno al passato, da cui sembra riemergere la figura del generico, o meglio una via di mezzo tra un OSS e un Infermiere generico.

Prima di tutto però, ci pare, bisognerebbe rispondere a una domanda: quali sono le reali motivazioni che portano alla individuazione di questa figura?

Rendere più attrattiva la professione infermieristica? Non pare.

Dare risposte al sacrosanto bisogno di revisione del profilo dell’OSS e di valorizzazione anche di quella figura? Non pare neppure quello.

Probabilmente la risposta sta nel tentativo di trasformare un problema in un’opportunità (per qualcuno).

L’opportunità (ripetiamo: per qualcuno), sta nel tentativo di effettuare un effetto sostituzione per alcune attività della figura dell’infermiere con l’assistente infermieristico che sarà strategico soprattutto in alcuni contesti: le residenze per anziani, solo per fare un esempio. Si spiega così il lavoro di pressione svolto da qualche anno a questa parte dalle associazioni datoriali private e del terzo settore su Regioni e governi che si sono succeduti. Si programma, in questo modo, una riduzione progressiva del costo del lavoro, adeguandosi al fatto che abbiamo e avremo meno infermieri. Tutto questo, a vantaggio di chi? Ma, soprattutto, a scapito di chi?

Nel dettaglio dell’istituzione della figura, possiamo elencare le principali criticità:

Formazione essenziale: Una figura di supporto con una preparazione che pare sotto dimensionata, 500 ore formative aggiuntive e mini moduli didattici, non può acquisire competenze prettamente infermieristiche quali la medicazione di gastrostomia stabilizzate , aspirazione di secrezioni, medicazione e pulizia delle cannule tracheostomiche, somministrazione di farmaci per via intramuscolare e sottocutanee.Per acquisire tali competenze lo studente in infermieristica segue un intero anno accademico con lezioni frontali, diverse ore di simulazioni in laboratorio, svolge molte più ore di tirocinio e soprattutto deve superare un esame scritto e successivamente uno teorico/pratico.

Assenza di un chiaro inquadramento giuridico: risulta poco chiara quale sia la configurazione contrattuale e giuridica di questa figura (rientra nella legge Gelli-Bianco?), tra l’altro in un momento in cui gli infermieri denunciano il demansionamento; con l’introduzione di tale figura cresceranno notevolmente la frammentazione e la confusione a livello organizzativo e lavorativo, ma soprattutto andranno chiariti in modo inequivocabile i livelli di responsabilità professionale. Inoltre, se non si innalzano subito le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori con contratti privati e del terzo settore, è probabile che si possa produrre un effetto per il quale l’assistente infermieristico in sanità pubblica guadagnerà di più degli infermieri che già lavorano con questi contratti.

Sicurezza del paziente: pensare di affidare, solo perché inserito nel testo del probabile accordo Stato-Regioni, competenze prettamente infermieristiche, svolte sotto la supervisione e, cosa ancor più grave, la responsabilità dell’infermiere (responsabilità in vigilando) a personale col livello di formazione descritta espone il paziente, con possibile conseguenze per le quali risponde in primis l’infermiere.

In sintesi, emerge un quadro contrario a quanto inserito nelle considerazioni iniziali del testo che denota la vera contraddizione di fondo, visto che sussiste l’obbligatorietà della “supervisione” infermieristica, motivo per il quale la creazione di una nuova figura non ha nessuna ragion d’essere.

Invasione del Profilo Professionale dell’Infermiere: davanti ad un testo così composto e in virtù anche delle modifiche previste per il profilo professionale dell’OSS, questa invasione di competenze pone interrogativi su quali saranno le modifiche all’Ordinamento Didattico, al Profilo Professionale, al Codice Deontologico dell’Infermiere e quali potrebbero essere gli obiettivi di crescita di una professione che si vede costantemente depauperare la propria professionalità nonostante questa sia frutto di titoli accademici completi a vari livelli e ormai inserita nel panorama scientifico internazionale.

Gestione affidata alle Regioni: la formazione affidata alle Regioni e ad enti pubblici o privati pone interrogativi sull’uniformità della stessa e sulla qualità delle cure erogate. Qui è lampante la volontà di non imparare dagli errori: una delle criticità che ci ha consegnato fino ad ora la creazione della figura dell’OSS risiede proprio nell’eterogeneità della qualità degli standard formativi garantiti dalle singole Regioni. Evidentemente si vuole replicare…

Tutto questo si traduce nel rischio di sostituzione, un pericolo di indebolimento per la professione infermieristica e per la qualità delle cure erogate e quindi per la salute dei pazienti.

Questo, nonostante il 2 settembre con l’accordo Commissione Europea – OMS sono stati stanziati finanziamenti, 1,3 milioni di euro, proprio per trattenere gli infermieri e aumentare l’attrattività della professione.

Mentre l’Europa si muove in una direzione, l’Italia, per mezzo del suo Ministero in accordo con Regioni ed Ordine professionale elabora piani che, a nostro avviso, rischiano di danneggiare la professione infermieristica la quale invece, avrebbe bisogno di tutt’altre strategie ed investimenti importanti in termini economici.

Noi crediamo che per valorizzare realmente la Professione Infermieristica e salvaguardare il nostro Sistema Socio Sanitario Pubblico e Universale, partire dall’istituzione della figura dell’assistente infermiere significa partire dalla coda del problema. Le misure da mettere in atto potrebbero/dovrebbero essere:

Innalzamento delle retribuzioni e garanzia della conciliazione dei tempi di vita con i tempi di lavoro.

Reale riconoscimento delle competenze avanzate, come prescrizione e somministrazione di farmaci in emergenza (il tutto all’interno di protocolli e procedure standardizzati e validati), completa e reale autonomia delle procedure avanzate come l’impianto di cateteri venosi centrali (dopo un’adeguata formazione post-base e acquisizione delle competenze), autonomia nelle prescrizioni di device sanitari, entrare nei processi decisionali di budgeting aziendali. È del tutto evidente che all’acquisizione di tali responsabilità deve corrispondere un adeguato riconoscimento economico, il quale deve essere secondario ad un incremento tabellare di base.

Riduzione del divario salariale e di diritti che separa i contratti del privato e del terzo settore dal contratto del pubblico.

Revisione e valorizzazione della figura degli attuali OSS: abbiamo chiesto per anni, da ultimo durante la trattativa per il rinnovo del contratto 19/21 che si prevedesse una revisione vera del profilo dell’OSS e un miglioramento del suo inquadramento contrattuale; ora si spiega la invalicabile opposizione che trovammo da parte delle Regioni.

Reale applicazione della 251/2000, ovvero reclutare un numero adeguato di Dirigenti delle Professioni Sanitarie, che siano rappresentativi del reale numero di lavoratrici e lavoratori operanti nel nostro Sistema Sanitario.

Un numero adeguato di Professori Ordinari, Associati e Ricercatori del SSD MEDS-24/C, che realmente possa dedicarsi esclusivamente alla didattica e alla ricerca per lo sviluppo scientifico della Professione Infermieristica.

In questo oceano di confusione, la ciliegina sulla torta la mette proprio il Ministro della Salute, che con un comunicato promette, sentito il MEF, 30000 assunzioni tra medici (9 mila) e infermieri.

In un momento di crisi di attrattività della professione, quando tutti scappano dal SSN, quando le previsioni ci dicono che con i pensionamenti i numeri che abbiamo non colmeranno nemmeno le uscite, davanti a questo scenario una domanda sorge spontanea: dove li troverà?!

La contraddizione che sta alla base di queste dichiarazioni mette in imbarazzo un’intera professione, che mentre eccelle nella formazione e nella disciplina, cerca valorizzazione altrove e contrariamente vede importare nel proprio paese forza lavoro dall’estero.

Ci verrebbe da consigliare al Ministro, forse è arrivato il momento di trovare reali soluzioni e ricette differenti, come quello di ispirarsi alla storia dei suoi colleghi medici, di come facendo il salto di qualità a livello contrattuale oggi la professione medica, seppur con i dovuti distinguo, si dimostri più attrattiva. Inizi da questo piccolo suggerimento e poi proseguendo nel ragionamento prenda atto che sussiste ad oggi una assurda disparità contrattuale che differenzia la dirigenza al contratto del comparto, senza tralasciare l’altra enorme disparità tra chi lavora nel settore pubblico e chi nei settori privati e del terzo settore.

È arrivato il momento di lavorare realmente e concretamente sul contratto di filiera della Sanità riconoscendo a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori la giusta dignità.

Michele Vannini, segretario nazionale Fp Cgil
Alfonso Guerriero, Responsabile coordinamento nazionale infermieri Fp Cgil

 

Fonte: Quotidiano Sanità